Dove nasce la Filosofia?

Lunedì 08 Marzo 2021 00:00
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Tradizionalmente la Filosofia nasce a Mileto, una colonia greca dell’Asia Minore, nel VII sec. a.C.

Mileto è cittadina portuale, ricca e dinamica in scambi commerciali, aperta al dialogo, all’incontro con nuove culture, ai modi diversi di concepire il mondo. I milesi amavano dialogare per scoprire, avendo intuito che una maggior conoscenza aumentava le possibilità stesse dell’uomo.

Talete, Anassimandro e Anassimene sono considerati i primi filosofi[1] della storia, appartenenti a quella che viene definita “La scuola di Mileto” ma che non fu propriamente una scuola, giacché i suoi rappresentanti vissero in epoche diverse e non è certo che si conobbero.

Le scuole infatti, per come le intendiamo, sono luoghi di aggregazione, vicinanza, scambio, dove gli hetairoi (compagni) condividono un indirizzo di pensiero, un atteggiamento metodologico o culturale, ovvero alcuni tipi di interesse (a volte anche beni materiali).

Ciò che accomuna invece gli ionici è l’oggetto dei loro pensieri: l’origine della psysis, (Φύσις) PHYSIS, la natura che circonda gli uomini, primo oggetto di indagine filosofica.

Il termine deriva dal verbo “phyo”, che significa “cresco”, “nasco”, legato quindi a un concetto di energia che dà la vita, per cui i fisici (o fisiologi) si occupano della physis intesa come un movimento di generazione.


Il primo periodo della filosofia antica è detto cosmologico proprio in virtù della ricerca del principio adatto a spiegare il mondo, le sue origini, quanto lo governa e i fenomeni che vi accadono. L’intento dei primi filosofi è dunque identificare l’Arché[2] realtà prima e fondamentale, causa da cui tutte le cose si sono generate e di cui sono composte.

Individuando l’Arché in un unico principio i tre filosofi della scuola di Mileto sono detti monisti, a differenza dei successori detti pluralisti, che lo individueranno in elementi molteplici.

Nel modo di fare ricerca i filosofi ionici desiderano uno studio che sia razionale, e per la prima volta assistiamo a un cambio di atteggiamento: la svolta dal mythos al logos.

Logos è un concetto ricco di significati ma si potrebbe riassumere nel credere nelle possibilità di comprensione dell’uomo, attraverso l’utilizzo dei sensi e della ragione, e non più affidandosi alla antica maniera narrativa e mitica (che affermava ma non spiegava).

I sensi e la ragione vengono usati come strumento per l’indagine, pur nell’intuizione che quanto viene registrato è solo apparente perché il principio non può venire dal mondo - dove tutto nasce e tutto muore - ma è un elemento che vivifica, permea le cose e prosegue.

La natura può essere spiegata al di fuori delle tradizioni mitologiche.

Ciò che dà ordine può essere dimostrabile mediante conoscenza, con un’osservazione di tipo deduttivo, e attraverso la teoria degli insiemi (gli elementi appartengono a un insieme, insiemi sempre più inclusivi) si giunge a una legge universalmente valida.

Nell’antichità le diverse scienze non venivano ancora distinte una dall’altra formando un tutt’uno con la filosofia; Talete fu perciò un matematico, fisico, ingegnere, astronomo e filosofo. Partecipò anche alla vita pubblica e militare.

Del resto a Mileto, per via delle necessità tipiche e della dimensione cosmopolita del luogo, abbondavano le figure di sapere tecnico: era facile trovare maestranze specializzate come ingegneri, architetti, costruttori di navi, matematici e astronomi.

Sebbene i tre filosofi concordino nel concepire l’Arché come qualcosa di vivente che è in tutte le cose (ilozoismo[3] e panteismo[4]), furono di diversa opinione nell’identificarlo.

Talete sosterrà come principio l’ACQUA, perché dove non c’è acqua non c’è vita.

Anassimandro riterrà il principio L’APEIRON, una sostanza eterna e immobile a sé stessa, all’interno della quale si producevano i diversi fenomeni finiti.

Anassimene lo identificò nell’ARIA, un respiro dell’universo che mantiene coesione delle parti.

Mentre Talete e Anassimene fanno coincidere il principio in due forze naturali primarie, Anassimandro non crede che la sostanza ricercata sia da trovare nelle forze conosciute, quanto in un elemento “altro” che non poteva essere ben definito, un infinito come condizione del finito.

Abbandonare il mito per ricercare l’Arché non era solo un atto innovativo ma una cesura.

Il mito, sino ad allora, aveva avuto il compito di spiegare alle persone gli eventi di diversa natura del vivere quotidiano, fatti che spesso spaventavano i greci, che non sapevano come interpretarli altrimenti. Se un fulmine cadendo a terra colpiva un albero e lo mandava a fuoco, essi non riuscivano a comprendere l’evento se non attraverso un prodigio, l’azione di una qualche Divinità o di Essere straordinario.

L’abbandono del mito rischia perciò di privare il mondo di senso, di gettarlo nel caos lasciandolo senza una spiegazione connessa alla realtà di ciò che determina avvenimenti e cose.

Per questo i filosofi, nella nuova attitudine, cercano di trovare un principio fisico organizzatore, per dare un significato pieno alla realtà, realtà che forse era diventata obsoleta e mostrava dei limiti.

Dietro al molteplice, al caos, doveva esserci un principio governatore, cioè l’ordine, e le risposte sarebbero arrivate attraverso l’utilizzo della ragione, il logos, quel pensiero di tipo naturalistico caratterizzato dall’osservazione e dalla dimostrazione.

Uno degli aspetti che rende significativo il contributo degli ionici dal punto di vista filosofico, è il coraggio nel nuovo tentativo di orientamento, la loro responsabilità nel fornire indirizzi che abbiano un valore, e non uno qualsiasi, ma qualcosa di universalmente valido.

Riflettere sull’esperienza degli antichi filosofi oggi è riflettere sulla specificità dell’essere filosofi, ritrovandosi nella dimensione della scoperta e della difesa del nuovo - in un mondo solitamente avverso e intriso d’abitudini – che, mettendo in crisi le convenzioni, scuote le fondamenta stesse della realtà e dell’essere, ma al solo vantaggio dell’esperienza e perciò di una nuova possibile comprensione.

Talvolta il nuovo risiede nell’antico.

 V.

Biografia:

Filosofia Antica – Raffaello Cortina Editore (il libro del Prof. Emidio Spinelli)

www.daphnet.org



[1] La collocazione storica del termine Filosofo è problematica. Un primo utilizzo del termine si trova nelle testimonianze di Eraclide Pontico a proposito di Pitagora che dialoga con il tiranno Leonte, ma forse il termine risale a Socrate o Platone. Aristotele attribuisce agli Ionici l’appellativo di “fisiologi” o “fisici”, ma non “filosofi”. I fisici si occupano della physis.

[2] termine utilizzato da Aristotele, dunque successivo, non sappiamo se Talete lo conoscesse.

[3] ilozoismo Dal gr. ὕλη «materia» e ζωή «vita». La materia dove il principio vitale é intrinseco, e non c’é bisogno di altro movente esterno per il suo divenire.

[4] Pan tutto, Theos Dio. Tutto l'universo è Dio e Dio è lo stesso universo.