The making of ... Errori

Mercoledì 02 Maggio 2018 00:00
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(segue)

Ma a chi avrei potuto chiedere?

Ero un po' scoraggiata e parlandone su Fb ricevetti un conforto inaspettato da una donna che mi conosceva appena, grazie anche alla visione di un film.

Dopodiché mi ricordai del marito di un'altra cliente, adatto allo scopo. Fu molto gentile e disponibile a venire a parlare con me, un pomeriggio del Natale 2014. Mi portò un libro di Age da leggere: lo terminai la notte stessa.

Spiegandomi brevemente che nel mio soggetto - l'aveva letto - c’era materiale per una fiction (l’idea iniziale) non realizzammo che era proprio quel che volevo, e decidemmo per un pezzo più piccolo di quella mole di testo: dovevo solo decidere quale.

Attraverso una linea temporale disegnata a matita su un foglio a quadretti cercava di farmi capire come e fu illuminante. Mi si era chiarita la scelta del periodo preciso, il riallacciare gli avvenimenti, le persone, i dialoghi, le immagini evocative. Age con il suo il libro e F. a parole, in un sol giorno, mi avevano fornito così tanti spunti di scrittura rispetto a quanto avessi faticosamente appreso nel tempo da sola! Certo, ora bisognava rimettersi al lavoro, provare a scrivere ancora. Ricominciai.

Sei mesi di lavoro ed era di nuovo pronto, se non fosse stato per l'intoppo. L'intoppo era una ribellione in atto nel mio organismo alla quale ho dovuto arrendermi.

Avevo scritto alcuni passaggi che mi piacevano e avrei voluto tenerli pur sapendo che erano mal posizionati. La mente provava a mantenerli ma il cuore aveva registrato l'errore e nel disequilibrio ... vomitavo. Niente di più chiaro: il mio fisico rifiutava l'errore e non c'era niente da fare. Vomitavo.

Smontai le scene incriminate - del resto avevo scelta? - e ci volle altro tempo. Nel frattempo F. mi chiamava per informarsi su come andavano i lavori e io glielo spiegavo, cioè dicevo che vomitavo dalla settimana prima. Si faceva grandi risate. Io vomitavo e lui rideva! Che fosse importante rispettare la cronologia credo però di averlo interiorizzato definitivamente. Aggiunse una bella notizia, forse per darmi la carica a proseguire: un conoscente produttore veninva ad abitare vicino e si sarebbero incontrati per un drink. Se ero d’accordo gli avrebbe parlato del progetto.*

La scrittura andò avanti e a un certo punto avevo finito un'altra volta. Cosa avrei dovuto fare a quel punto? Forse tradurlo, ma non subito: ero stanca. Scrissi invece all’organizzazione di cui il soggetto trattava e naturalmente risposero di volerlo leggere. Ed ecco che davvero bisognava tradurlo, e pure velocemente. Di nuovo eccomi a chiedere aiuto agli amici che masticavano l’inglese: qualcuno accettò, altri no, ma riuscimmo a organizzare una cordata che lavorava (e pazienza per i diversi stili). Suddividendoci le pagine non ci volle molto perché un basic & raw material  fu pronto e inviato. A un mese esatto dal termine stabilito la Direzione rispose.

Evidenziarono alcune importanti note correttive sulla cronologia, su “chi aveva fatto cosa”, avanzando perplessità sulle scene romantiche: non le approvavano. La presenza di queste scene era troppo distante dalla loro idea di focus e io capivo cosa intendevano ma, ugualmente, non potevo ignorare le persone della storia, né trasformare i personaggi in santini che non avrebbero reso alcun buon servizio al racconto. Sapevo come fare. Avevo un’idea che esposi subito perché m’importava del loro parere e avrei certamente voluto la loro approvazione.

Da allora il film è rimasto nel cassetto. Aspetta la sua occasione, senza fretta.

Secondo me prima o dopo arriva.

V.

“Scrivere vuol dire ogni volta scegliere non solamente una possibilità, ma scartarne contemporaneamente altre.”  Giuseppe Pontiggia, Dentro la sera.

* non si incontrarono mai per il drink, non ebbe più occasione di parlargli del progetto.