Mangiabiologico.it

di Valeria Ballarati

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Home Interviste Migrazioni forzate

Migrazioni forzate

E-mail Stampa PDF

Simona ha di recente conseguito la laurea specialistica in Genetica e Biologia Molecolare con lode, e sta per iniziare un pre-dottorato che la preparerà ad affrontare un dottorato di 4 anni. L'argomento di cui si occuperà, senza entrare troppo nel dettaglio, riguarderà lo studio dei meccanismi cellulari che si occupano di riparare i danni subiti dal DNA oppure in breve "il riparo del DNA". L'immagine - al microscopio e ovviamente ingrandita - rappresenta il cromosoma sessuale X, ossia il cromosoma che se appaiato ad un altro identico determina il sesso femminile, mentre se presente insieme al cromosoma Y determina il sesso maschile.

Ciao Simona,
grazie per aver accettato di parlare con me.  Spiegaci, in cosa consiste il tuo lavoro?

 

 

Ti do volentieri alcune informazioni sulla vita del ricercatore italiano. In realtà ti posso parlare dal punto di vista di una studentessa, più che da ricercatore vero e proprio, visto che ho finito da poco la mia formazione ed inizio ora a lavorare; tuttavia, sorvolando il dettaglio, posso raccontarti l’esperienza vissuta all'università La Sapienza e da qui....si capirà tutto!  La giornata di un ricercatore, almeno in teoria, dovrebbe iniziare e finire al bancone ossia ad eseguire, operativamente parlando, i protocolli sperimentali che definiscono l'iter scientifico del progetto di ricerca. La realtà dell'università italiana è ben lontana da questo perché il ricercatore si occupa anche di mansioni che non gli competono, tipo fare gli ordini del materiale da laboratorio, prepararsi le soluzioni e i vari altri preparati di base,  mansioni che spetterebbero a tecnici e segretari.  I ricercatori universitari si occupano anche di fare lezione (e relativi esami) non pagati per il servizio offerto ed infatti in quest’anno accademico sono stati fatti scioperi dagli stessi, rifiutando di iniziare i corsi, e infatti moltissimi corsi non sono partiti creando enorme disagio agli studenti, oltre ad averli privati di un servizio per il quale pagano. La colpa però non è né del ricercatore né degli studenti che si vedono privati di buona parte della didattica.

Ho capito, ma allora come deve essere strutturato un laboratorio per funzionare bene?

In un laboratorio che si rispetti, deve essere presente una gerarchia perché la formazione necessaria a fare questo tipo di lavoro non si ferma agli anni passati sui libri ma, partendo da una solida base teorica è necessario accumulare anni di esperienza, sia manuale che di gestione di un progetto di ricerca. A tal fine è necessario che siano presenti - almeno in un ambiente universitario - le seguenti figure, in ordine decrescente di "importanza": un Professore Ordinario, un Prof. Associato, un Ricercatore, un Dottorando e gli studenti. Soltanto in questo modo lo studente può usufruire di una formazione scientifica di alto livello, mentre invece capita spesso che tra  dottorandi e docente manchi una figura di mezzo, e nel mio caso specifico che manchino più figure, connettendo direttamente il docente allo studente. Il problema è che in questo modo va perduta quasi la totalità delle nozioni necessarie alla formazione di uno studente e di un dottorando, non perché il docente ne sia privo ma perché il docente è oberato dagli impegni accademici che lo costringono a guardare con distrazione ai dettagli della vita di laboratorio e, soprattutto, alla formazione dello studente. Ci si ritrova così ad affrontare periodi di vera e propria auto-formazione che non è detto vadano verso la corretta direzione. 

E in tutto questo come si inserisce la riforma universitaria?

La riforma universitaria impedisce il rinnovo del corpo docente per cui le assunzioni sono ferme e i cervelli oramai "datati" continuano a stagnare nei loro uffici, avvalendosi di incessanti richieste di prolungamento dell'età pensionabile (non so se è corretto, ma credo che renda l'idea). Non nego l'importanza di una persona d'esperienza ma bisogna tener conto che, al contrario delle giovani menti, quelle "navigate" sono molto poco inclini ad accogliere e sostenere le nuove teorie. Hanno perso oramai quel pizzico di incoscienza che è necessaria per spingersi oltre, ad eccezione di rari casi... Non bisogna dimenticare che le più grandi scoperte sono venute da persone che hanno sovvertito le regole imposte dai "baroni".   

Ma avete almeno gli strumenti, ciò che serve materialmente alla ricerca?

Ecco, un altro grande problema è la mancanza di infrastrutture e di strumentazione adeguata, moderna, che possa coadiuvare il lavoro di routine. Inutile dire che siamo circondati da strumentazione oramai datata e chiaramente superata da tempo che, invece di aiutare e alleggerire il lavoro del ricercatore, non fa altro che renderlo laborioso e ne allunga i tempi, rendendo così la ricerca italiana lenta e non competitiva.

E secondo te c’è una colpa in questo?

Chiaramente, trattandosi di un'università pubblica, la colpa è della mancanza di fondi, e infatti la maggior parte dei gruppi accademici si alimenta da fondi privati. Per esempio alla Sapienza uno dei gruppi  di biologia molecolare più forti dal punto di vista accademico che lavora sulla distrofia muscolare di Duchenne riceve fondi Telethon, AIRC etc... Per questo anno accademico lo stato fornisce 5000 euro di fondi ai gruppi più piccoli ossia quelli composti da un docente e a chi è sotto di lui, per un totale di 5-6 persone. Considera che un ordine di materiale consumabile costa sui 600-700 euro, mentre enzimi e reagenti sono molto più costosi. Questo ci costringe ad un lavoro ripetitivo, senza la possibilità di poter ideare nuove strategie sperimentali e quindi rendendoci non competitivi. Inoltre, una delle cose più scandalose è la mafia che regola l'assegnazione dei posti di dottorato che, in teoria, dovrebbero essere distribuiti secondo graduatoria da concorso pubblico. Succede, invece, che ancor prima dell'uscita del bando si sappiano già i nomi dei vincitori. La meritocrazia che fine fà?

Ed ecco perché fuggite all’estero …

In questo scenario drammatico un' esperienza all'estero diventa l'unica ancora di salvezza per chi vuol fare questo meraviglioso lavoro; quello che dovrebbe essere un breve periodo di formazione e arricchimento all'estero, per poi esercitare al meglio nel proprio paese, assume il carattere di una migrazione forzata.

Ma è sempre così?

Fortunatamente esistono anche realtà ben diverse da questa che ti ho raccontato. Ci sono centri di eccellenza anche in Italia ma, sinceramente non credo che si nutrano di fondi statali. La ricerca italiana è una ricerca di elevato livello, perché lo sono i cervelli che ne stanno alla base, essendosi sviluppati grazie ad una formazione teorica eccellente dato che abbiamo la fortuna di avere dei docenti molto preparati. Per questa ragione il ricercatore italiano è molto ben voluto all'estero, soprattutto negli USA. Purtroppo, il paese che spende tanti soldi per formarci non crea le possibilità lavorative ed inesorabilmente perde la possibilità di diventare un paese in costante crescita, fornendo così questa opportunità ai paesi che invece ci danno fiducia e ci permettono di esprimere la nostra curiosità.

Un’ultima domanda: cosa pensi della vivisezione didattica?

Rispetto alla sperimentazione animale, anche io sono fortemente contraria perché non credo sia così necessaria. Facendo un'enorme sforzo posso tollerare l'uso delle tipiche cavie ma non di altro e, soprattutto, non da parte mia. Io non riuscirei mai a sacrificare un topolino nonostante la mia passione per la ricerca. In ambiente universitario, almeno a Roma, si parla per lo più di cavie da laboratorio ossia i  topini bianchi. Ci tengo a sottolineare che, per fortuna, non tutte le linee di ricerca ne fanno uso. Io nello specifico non ne ho bisogno perché mi servo di linee cellulari umane, tumorali o normali, che vengono acquistate da specifiche società oppure le ricaviamo dal nostro sangue periferico tramite un semplice prelievo e successiva, adeguata, semina in coltura. Per quanto ne so è una pratica utilizzata da chi conduce ricerche sui meccanismi molecolari alla base del cancro, HIV-AIDS o varie altre patologie umane; o da chi sviluppa terapie farmacologiche per la cura del cancro e da chi effettua studi sulla fisiologia umana. So che esistono tutta una serie di normative da seguire, per chi esegue sperimentazione animale e, che è necessaria un'adeguata formazione in merito. Certo: è poi da vedere se tutto ciò viene applicato! L'utilizzo delle cavie richiede innanzitutto un grande spazio, lo stabulario, per mantenerle secondo le corrette norme igienico-sanitarie, personale qualificato che se ne occupi a tempo pieno e fondi per mantenerle, è costoso.
Io credo che questa barbarie debba terminare perché, seppur costosi, è oramai possibile ricreare un processo "in vivo anche in vitro"...mi spiego...ci sono delle tecniche molto sofisticate, complesse e costose che permettono di ricreare tessuti e interi organi in vitro. Chiaramente c'è da dire che il maggior interesse nel trovare una cura ad una patologia, qualunque essa sia, è di tipo economico e riguarda le case farmaceutiche; non deve quindi stupire che queste pur potendosi avvalere di sistemi in vitro utilizzino animali, perché una multinazionale punta al maggior guadagno con il minor investimento. 
 

Conclusioni …

Io vorrei anche dire che nonostante le difficoltà ho vissuto un' esperienza umana indimenticabile.  Ho avuto la fortuna di incontrare un docente preparato con la quale ho condiviso molto di più della semplice routine di laboratorio: mi dispiace moltissimo dover lasciare il "mio" attuale laboratorio. Ti dirò anche che proprio a causa  della mancanza di strumentazione all'avanguardia e del dottorando che potesse seguirmi da vicino con costanza, ho potuto/dovuto cimentarmi in nuovi protocolli, con tutte le difficoltà del caso, e ciò mi ha portato sia ad imparare moltissimo che a prendere fiducia in me stessa. Con ciò voglio solo dire che nel mio caso, nonostante le condizioni pessime in cui è ridotta l'università, ho vissuto un'esperienza altamente formativa senza la quale forse oggi non avrei la possibilità di un futuro dottorato all'estero. Tutto ciò non toglie che La Sapienza sta vivendo oramai da anni un' inesorabile declino, motivo di sconforto sia per chi ci lavora da decenni sia per gli attuali studenti, e per quelli che verranno. Ci auguriamo tutti che in qualche modo qualcosa cambi perché perdere La Sapienza sarebbe una ferita troppo grande data la sua importanza storica e didattica, visto che molti dei grandi nomi sia in ambito scientifico che umanistico si sono lì formati.

Grazie Simona, allora buon viaggio: prima a Trieste e poi a … St. Louis!
Ciao,
V.B.

 


non é Natale

Risultato immagine per natale gaza

Romanzo

La storia dell'uomo e
della scoperta
dei Fiori di Bach.

Booktrailer

Il Romanzo è alla 3° edizione. 


Fiori di Bach e Cartoni Animati Mustard



MUSTARD

Quando sei malinconico

e non sai perché