Guardate questa statua di donna

Giovedì 26 Maggio 2011 00:00
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Volete capire a che punto è il sessismo? Guardate questa statua di donna
di Maria Luisa Agnese

 

Per una bizzarra coincidenza mi sono trovata di fronte alle donne violate di Paul McCarthy in mostra a Punta della Dogana a Venezia proprio nei giorni della bufera internazionale scoppiata intorno alle accuse di violenza sessuale a Dominique Strauss-Kahn. Le statue dell’artista americano sono in gesso e silicone, donne a grandezza naturale sdraiate su un tavolaccio da lavoro, corpo nudo e gambe larghe quasi abbandonate e perlopiù senza testa o meglio con la loro testa/volontà/anima annientata, in quanto sormontata da un grosso testone maschile. Schiacciate dall’oppressione sessista della società, si vedono negata l’identità di genere: sessuale, sociale, persino estetica.

Sostando in quella sala, dove le donne sono attorniate da una serie di busti maschili in bronzo con i volti stravolti in fattezze di porco, ci si sente avvolti dalla brutalità del potere maschile e si viene colti da un disagio molto forte, si vorrebbe fuggire da quel laboratorio dell’orrore – come fa una signora spagnola che dice “Per me é insopportabile” – in quanto accerchiati da quel connubio di potere e sesso su cui, secondo la denuncia dell’artista, si fonda la società americana. E che fa capire come la questione femminile sia ancora indietro e di parecchio. Tanto più che spesso le donne diventano vittime consenzienti del meccanismo mediatico che valorizza/annienta i loro corpi.

Ma soprattutto, mettendo a confronto l’opera di questo artista con gli echi che arrivano dalla Francia di legittimi garantismi e di indulgenze preventive – molto preventive – verso il suo brillante politico da esportazione investito dallo scandalo, Dominique Srauss-Kahn, il senso di sgomento aumenta. In quella stanza pensavo che avrei voluto invitare a sostare per un momento Carmen Llera, vedova Moravia, autrice di una Lettera al Corriere in cui assicurava che Strauss-Kahn, che lei conosce bene, “non è un uomo crudele primitivo o sadico, ama il sesso, non mi sembra un delitto”, liquidando il tutto con un già leggendario “so what?”. Chissà, forse in quella stanza riuscirebbe anche lei a mettersi in ascolto e a intercettare per un attimo i diversi desideri e le brutali umiliazioni di altre donne che non riescono a prendere i rapporti di sesso e potere con altrettanta brillante leggerezza.

La mostra di Venezia, dove le statue di Paul McCarthy sono esposte insieme a quelle di molti altri autori contemporanei, si chiama, preveggentemente, Elogio del dubbio, a dimostrazione che l’arte è chiamata prima di tutto a far riflettere. Ma qualche volta, anche, a suscitare l’indignazione, specie se i tempi lo richiedono, come ha reclamato un pensatore francese carico di anni e di esperienza, Stéphane Hessel, in un suo libretto, Indignatevi, diventato in un baleno best seller internazionale.

Fra dubbio e indignazione in questo caso da che parte state? La forza simbolica di quelle immagini fortissime di Paul McCarthy mi ha convinto che il dubbio è un esercizio che talvolta può tramutarsi nel suo contrario: nel dubbio, dunque, io m’indigno, e voi?

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