I pubblicitari scoprono l'impegno

Martedì 12 Marzo 2013 00:00
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(...) Che il vento sia cambiato, i pubblicitari peraltro l’hanno compreso bene. Il glamour spinto di certa moda come l’esibizione di una ricchezza sguaiata sono modelli da evitare in tempo di crisi. Anche la telefonia è passata dalle curve di Megan Gale degli Anni 90 all’ironia del pinguino Pino e di Elio e le Storie Tese senza grandi rimpianti. 

Avanti i folli. (segue)

 

È noto a tutti che è più facile catturare l’attenzione del pubblico con una donna, un cucciolo o un bambino. Ma forse sono finiti i tempi in cui bastava un bel seno o una farfallina per vendere qualsiasi cosa. La tendenza viene come al solito dall’America, dove hanno sede i quartier generali delle Big pubblicitarie. «Il nostro obiettivo è duplice», spiega ancora la Credle, «vendere prodotti e costruire un brand. Le grandi aziende degli Anni 20, 30 e 40 sentivano la responsabilità di sostenere la comunità. Quando ci allontaniamo da quello spirito, come spesso avviene in epoche di eccesso, la fedeltà al brand crolla. Il prodotto è la “valuta” di una relazione: se ci si limita alla vendita e all’acquisto, sarà una relazione molto breve. Oggi la corporate responsability è tornata al centro delle valutazioni aziendali anche perché la gente si aspetta che i brand facciano qualcosa in più di fornire un prodotto. Ho visto un bell’esempio di questo nel nostro ufficio di Beirut. Un brand che spinge gli adulti a fare la cosa giusta per la felicità dei propri figli: “staccare la spina” e focalizzarsi sulla famiglia».

La formula della nuova creatività è originale. In un’intervista al New York Times, la Credle ha ammesso di selezionare per il suo staff i più “eccentrici” o “difficili”. «Il business richiede perfezione ma la creatività spesso ha bisogno dell’opposto. A volte le persone che non si adeguano vengono licenziate, noi dobbiamo invece creare una cultura che permetta loro di fiorire e tirar fuori qualcosa di nuovo. Dobbiamo includere queste persone o non faremo passi avanti, la creatività non evolverà. Questo spiega perché lavorare a uno spot è così differente. E così divertente. La creatività è soggettiva, ma le migliori idee devono riuscire a toccare le persone sul piano emozionale. Che ti facciano arrabbiare, piangere, provare vertigini o voglia di ridere, che ti facciano male al cuore». Che ti facciano sognare in un domani e una società migliore.

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Commento:

il piano emozionale, si, il "Sooogno" di Crozza/Briatore ... ricordatevi che nel parlare di pubblicità stiamo sempre "nuotando nella vasca con gli squali", quindi attenzione!  Scherzi a parte, é interessante. Anche qui ci stanno arrivando all’essere, e non piu’ all’apparire. E se ci arrivano in questo settore, il treno del cambiamento diventa un direttissimo - non più un regionale - verso quell’altro modo di vivere, più a misura d’uomo.
Interessante il passaggio del brand legato alla responsabilita di una comunità, un rapporto che venendo meno fa crollare le vendite. E’ cosi: il cliente non desidera soltanto un acquisto, vuole una relazione più profonda. Ancor meglio sarebbe vendere un prodotto solo nel momento in cui il cliente ne ha davvero necessita’ ma qui davvero siamo nel "sooogno" e sarebbe chiedere troppo, sia ad un pubblicitario che a un brand.