The making of... il nome della rosa

Martedì 12 Giugno 2018 00:00
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Mamma, come va la scrittura?

Oggi mia figlia mi ha chiesto come andava. Bene, le ho detto. Non hai un blocco? No, per ora no. E quante volte l’hai riletto? Tante!

Sa che faccio così: leggo e rileggo a non finire. Non ho riletto moltissimo però al capitolo che avevo finito ieri, mentre stamattina lavavo i piatti e le tazze della colazione, mi è venuta un’idea sulla musica e ho aggiunto qualche paragrafo: è qualcosa ad uso metafora, come una possibilità, un’ipotesi che avrebbe anche potuto balenare nella mente del personaggio.

Mi pare che funzioni nel romanzo: di certo funziona nella sceneggiatura.

L’emozione grande è rileggere il testo del giorno prima aspettandomi di aver scritto male, cioè trovare cose da sistemare, e invece il paragrafo convince anche me. E’ incoraggiante.

Salvatore sostiene che scrivere è imparare ad alzare sempre di più l’asticella, ricercando la perfezione, un miglioramento continuo.


Quando sono bloccata in un punto comincio a cercare e d’improvviso ricevo una mano, l’informazione mancante, e mi accorgo di ricevere collaborazione alla riuscita del progetto. Ne deriva che quando siamo in difficoltà non dobbiamo soffermarci e disperare ma solo cominciare a cercare: se il progetto è quello giusto fila tutto liscio, ciò che ti serve arriva automaticamente come se fosse dovuto.

Scrivere è non accontentarsi e cercare sempre. Ad esempio nell’aggiunta di un oggetto vado a vedere in che forma si può trovare. Quando invece inserisco un’informazione la verifico per essere certa di ciò che sto mettendo per iscritto. In questo modo limito la possibilità d’errore.

Gli errori succedono ai grandi: vuoi che non succedano a me?

Ne Il nome della Rosa ad esempio ce ne sono almeno tre, e Lui aveva fior di collaboratori per le sue ricerche, mentre scriveva, da quel che ho sentito dire. Gli errori del libro riguardano una ricetta a base di peperoni, importati dall’America un secolo e mezzo dopo lo svolgimento del romanzo; il violino citato da Guglielmo in un punto, quando ancora non esisteva, e Adso che parla di “pochi secondi”, una misura non in uso nel medioevo.

Stasera ho finito di redigere l’indice. Ne ho avuto bisogno ieri. Fino a quel punto – pag. 61, Capitolo 15 - più o meno ricordavo gli argomenti trattati e capitoli collegati, ma ieri, volendo introdurre la descrizione di una casa non son più riuscita a ricordare in che misura ne avevo già parlato, se ne avevo già parlato e in che punto precisamente. Scorrendo le pagine in giù e in su non trovavo l'informazione e ho scoperto la necessità di avere a disposizione una lista dei capitoli con un’indicazione di massima dei contenuti. Una sorta di scaletta per aver chiaro cosa ancora mancava e cosa potevo aggiungere al testo. Ora ho tutto comodamente per iscritto.

Per redigerlo ho dovuto rileggere per sommi capi: ci sono solo un paio di capitoli che non mi soddisfano e sui quali rimetterò le mani al termine della prima stesura. Gli altri strutturalmente mi piacciono. Alcuni mi sembrano proprio ben fatti, chissà se un Editor la penserebbe così o se è soltanto che ogni scarrafone è bello a mamma sua.

La Minni, il nostro gatto di casa, è come al solito qui con me. Scrivo con un gatto da compagnia, l’unico che vive dentro casa, gli altri abitano il giardino. Quando comincio a scrivere arriva, si accomoda e mi dorme accanto. E’ tardi: meglio che vado a dormire anch’io.

V.

(...) la frase "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" ricorda anche il fatto che di tutte le cose alla fine non resta che un puro nome, un segno, un ricordo. Così è per la biblioteca e i suoi libri distrutti dal fuoco, ad esempio, e per tutto un mondo, quello conosciuto dal giovane Adso, destinato a scomparire nel tempo. Ma in realtà tutta la vicenda narrata è un continuo ricercare segni, "libri che parlano di altri libri" (...)

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_nome_della_rosa