The making of ... I Dialoghi

Martedì 18 Settembre 2018 00:00
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Un'altra lezione si é conclusa lunedì sera. Tre ore di bellezza, letture e fior di spiegazioni.

Quando Salvatore trova le soluzioni si dimostra ogni volta un fuoriclasse e resto sempre a bocca aperta. "Porca la miseria, ma come ha fatto?"

Ha subito un'idea per ogni spunto che nasce nella discussione, ma non un'idea qualsiasi, quella che "farà lievitare la storia" (Cit.) Il vulcano che tirerà fuori tutta la lava del mondo. Il torrente che prende forza man mano per buttarsi a valle in una cascata spettacolare.

Per spiegare il crescendo della storia accenna le prime note di un motivetto jazz - PA, PAPPA RA, PAPPA RA - simulando i gesti del musicista come se, tra le sue mani, una tromba o un sax fossero apparsi lì per lì. Alle due note intervallate all'inizio, si aggiungono poi altre note, e strumenti, e melodie, per arrivare al momento culminante in cui ogni singolo elemento che costituisce l'orchestra, suona insieme a tutti gli altri come in Sing, Sing, Sing.

Nelle storie invece aggiungiamo personaggi, incidenti, svolte, contrasti e antagonisti, elementi che servono alla narrazione e guidandoti in un crescendo di attenzione - come nella metafora del sax - conducono al risultato e alla comprensione piena del finale, naturalmente a più livelli di comprensione.

Dice che é questione di esperienza. Temo mi ci vorrà del tempo.

Intanto il dialogo dell'invito a cena é andato bene. Una bella notizia perché dopo aver ascoltato il dialogo di Valentina, teatrale, lungo, ben fatto e ben recitato (da lei, che ha fatto l'attrice) mi son subito venuti dubbi sul mio, ancora da leggere: "Ecco là, non andava fatto così: ho sbagliato tutto." Un quarto d'ora d'incertezza. Il mio dialogo era si lungo quanto il suo, nove pagine, ma aveva battute più stringate e veloci. Invece Salvatore ci ha spiegato che andava bene anche il mio perché il dialogo cinematografico ha meno testo di uno teatrale, e per il cinema andava fatto proprio così. Meno male. Erano due tipologie di dialogo diverse. Sollievo.

Ah! Ancora una volta non me la sono sentita di leggerlo. Valentina é stata così carina da prestarsi e l'ha letto lei. Ciò é risultato strano al collega dietro che, battendomi sulla spalla mi chiedeva perché non facevo da me. "Mi vergogno, non je la faccio e mi si ferma la voce. Sai che l'altra volta ho fatto una fatica enorme a leggere il soggetto?" Non era mica convinto, forse perché per lui é talmente normale: lavora in radio. Conduce una trasmissione radiofonica. 

Una bella caratteristica del nostro insegnante? E' INCORAGGIANTE.

Scova il bello del lavoro che hai svolto e ti spiega come trasformarlo per essere ancora più bello. Sono un fan di questa caratteristica, io che mi prendo  il Beech spesso e volentieri per vedere più bellezza attorno. Se c'é un fiore che a Salvatore proprio non serve, quello é il Beech.

A seguire ci ha fornito trucchi su come scrivere i dialoghi più facilmente, rendendo i personaggi riconoscibili e spiegandoci perché é necessario connotarli e dare loro una vita propria.

Abbiamo letto cinque dialoghi. Pur avendo un'identica traccia tutti erano diversi per modo di pensare i personaggi e la storia. A partire da queste differenze Salvatore ha imbastito le spiegazioni, anch'esse una diversa dall'altra. E' utile leggere i lavori fatti in classe: si trova molto da dire. All'inizio non pensavo. Chissà cosa dirà invece dei primi due capitolo del romanzo che gli ho dato ... non vedo l'ora di saperlo.

Ciao,

V.

"Se siete disposti a scrivere quaranta o sessanta pagine di dialoghi orrendi, la cosa si risolverà da sola nel processo naturale di scrittura."  - Syd Field, La sceneggiatura Il film sulla carta