Cuochi Ribelli

Lunedì 21 Febbraio 2011 00:00
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Paolo non un cuoco tradizionale: é un cuoco “ribelle”, un cuoco vegan. Lavora da qualche anno in un ristorantino a Marino, all’associazione culturale La Mucca Pazza, e con la sua socia Alessandra gestisce un sito web, il primo in Italia con ricette vegan - www.veganriot.it  Lo scorso anno hanno scritto il loro primo libro di ricette senza crudeltà: La Rivoluzione bolle in pentola.

Ciao Paolo, ciao Alessandra!
Come va? 

P: Solitamente la mia risposta a questa domanda è “mediocremente” o “si sopravvive” ma sono noto per essere uno che non ha tra le proprie virtù l’esser positivo…

Da quanti anni siete vegetariani (e poi vegan) e perché, come è cominciata?
P: Da oltre venti sono diventato vegetariano, di cui 15 da vegan (con un ritorno al vegetarismo per un paio d’anni dovuti ad infatuazione da latticino…). Frequentavo assiduamente l’ambiente punk dell’epoca ed essendo in esso a scelta vegetariana quasi un diktat, ho subito aderito incondizionatamente senza se e senza ma, infischiandomene delle questioni familiari soprattutto (avevo 16 anni).
A:  Vegetariana da quasi 18 anni e vegan da 3, credo. Non sono una di persona attenta alle ricorrenze, quindi la collocazione temporale della scelta di diventare vegan é molto approssimativa. Direi che è cominciato tutto nello stesso modo e, più o meno, nello stesso periodo di Paolo. Ai tempi non ci conoscevamo, ma frequentavamo gli stessi ambienti.
 
Paolo, quando hai cominciato ad interessarti alla cucina senza prodotti animali?
P: Ho avuto la fortuna di abitare da solo molto presto, quindi per sopravvivenza anche la cucina è stata una necessità. Sicuramente è migliorata nel corso del tempo, almeno mi auguro. Oltre alla sopravvivenza ho sempre messo molto entusiasmo tra i fornelli. Alessandra quando le faccio i ravioli, commenta che me li sarei fatti anche se fossi stato solo a casa…
 
Quale è secondo voi il vantaggio nell’ avvicinarsi a questo genere di cibi?
A: I vantaggi consistono nel non contribuire in alcun modo alla sofferenza di altri esseri viventi, all’inquinamento del pianeta e al depauperamento delle sue risorse naturali. La questione salutistica, molto cara ad alcuni vegan, non riveste per noi alcuna importanza. Credo che il mito del vegan salutista sia da sfatare: conosco molti vegan che non rinuncerebbero ai dolci pieni di margarina, che non si fanno intimidire – a torto o a ragione- dai grassi idrogenati e che sono dotati di una poco salutare “pancetta”.

Quali materie prime utilizzate?
Siamo molto curiosi, quindi più o meno qualsiasi cosa ricada nell’ambito “vegan”, dalle patate viola alle salse cajun a base di noccioline anche se non è propriamente una materia prima. Cerchiamo di evitare grandi classici della new economy come i carciofi in agosto ed l’anguria a febbraio. Abbiamo un occhio di riguardo per il biologico, più per la speranza di far meno danni al pianeta che per scelta salutistica. 

Due o tre consigli per iniziare …
A: Innanzitutto dovete essere convinti della vostra scelta, ma non avere un atteggiamento da saputelli/moralizzatori/maestrini nei confronti di chi ancora mangia la carne. Ricordate che l’esempio è l’arma migliore e più convincente (soprattutto rispetto al dare del “mangia cadaveri” a chi vi sta vicino). Poi, direi di informarsi bene su cosa mangiare per non avere carenze di nessun tipo  (attenzione alla famigerata b12) e di comprare un buon libro di ricette.
P: non cercate lo scontro familiare, piuttosto turatevi le orecchie ed andate oltre

Parliamo di gusto. C’è la tendenza a ritenere che solo i piatti a base di carne e derivati abbiano una risultanza di gusto maggiore.  Perché i piatti vegan sono ugualmente gustosi? 
P,A C’è anche chi trae godimento dalle sole patate lesse, è ovviamente una questione di gusti oltre che di sensibilità. Non sono nato vegan né vegetariano e penso che il mio alimento preferito nella mia precedente vita alimentare siano state le salsicce. Se uno è motivato ed un minimo abilitato ai fornelli può tranquillamente vivere serenamente senza carne et simili. Non ci dovrebbero essere grandi problemi. Spesso gli intralci sono le famiglie, una scarsa attitudine in cucina oltre che la poca fantasia.

Quando create un piatto o un dolce, come scegliete la combinazione degli ingredienti?
P, A:  Fondamentalmente in base alle riserve auree della dispensa in cucina, solitamente poco sobria ed eccessiva. Evitiamo di mangiare pasta a pranzo, colazione, merenda e cena e cerchiamo un minimo di filo conduttore che non sia “banane e ketchup”.

Ogni quanto cambiate il menù al ristorante? 
P: Mah, il ristorante ha un menù stabile, più una serie di piatti del giorno che varia in base alla disponibilità della stagione. Eviteremo sicuramente di prendere i carciofi a luglio, ma probabilmente avremo da qualche parte i pomodori freschi a gennaio. Ultimamente c’è un certo entusiasmo da parte del boss in cucina ed i piatti del giorno sono sempre tanti, soprattutto rispetto alle nostre energie…

Come vengono giudicati i piatti proposti?
P: Il ristorante compie quest’anno dodici inverni, ha i suoi alti  e bassi, e risente molto dell’umore e buona volontà dei suoi gestori. Comunque il posto lavora, pur non facendo nessuno particolarmente ricco. I piatti funzionano discretamente, ci sono grandi classici sempreverdi che non si possono togliere dal menù ed altri che stentano a trovare il consenso dei clienti per mancanza di cultura da tavola (le zuppe per esempio…) ma che continuiamo a fare perché magari piacciono a noi. 

Chi sono i clienti abituali o occasionali? E’ una zona ricettiva rispetto all’argomento?
P: La Mucca Pazza si porta dietro parecchi clienti storici ma attrae anche molta gente nuova, spesso da una sera e via. Se la domanda è “quanti sono i clienti vegetariani” e compagnia bella, ovviamente il ristorante avrebbe chiuso undici anni e mezzo fa. Un grosso cruccio del mio boss è che un posto così spesso venga assimilato ad un “ristorante etnico”, cosa particolarmente discutibile. La zona dei Castelli Romani non è né più né meno ricettiva di Roma per la questione verde. Il belpaese in genere non è granché bendisposto all’argomento. Magari tra una pizzeria ed una fraschetta (un classico locale dei Castelli Romani in cui si spizzicano salumi, formaggi e si beve vino locale) riesce a ritagliarsi un posticino anche la Mucca Pazza…

Parliamo un po’ del libro … e del sito …
P,A: Il libro è un po’ un’emanazione del sito. Temporalmente parlando, la parte web viene sicuramente prima. Cioè da quando dalla prima metà dei 2000 volevamo contribuire anche noi alla causa animalista, comodamente da casa ed usando le padelle. Siamo stati tra i primi a fare qualcosa del genere perlomeno qui in Italia. Contestualmente al sito, abbiamo iniziato a fare eventi mangerecci itineranti su Roma, con una certa affluenza ed entusiasmo da parte del gentil pubblico. Ma si sa che la formula tanto mangiare-poco pagare viene sempre salutata con euforia. Il libro era tanto tempo che pensavamo di farlo, ma da quando abbiamo iniziato a lavorarci alla sua uscita in realtà non sono trascorsi più di dieci mesi o poco più. L’abbiamo realizzato con la collaborazione di validi amici, entusiasti e poco pagati. Nonostante i canali distributivi siano intricati e poco capillari, ma comunque forti della longevità del sito, sembra che il libro sia diventato un piccolo caso letterario, giunto quasi alla fine della sua seconda stampa.

Per concludere …
Supportate Vegan Riot … è gratis!