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di Valeria Ballarati

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PROGETTO DI UNA FORMAZIONE DI INFERMIERE DI PRIMA LINEA

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L'infermiere soldato | Nurse Times(tratto dagli scritti di Londra e dalle ultime lettere – tradotto da Giancarlo Gaeta)

Il progetto di Infermiere di Prima linea proposto da Simone Weil era stato valutato favorevolmente in un rapporto della Commissione Senatoriale per l’esercito del Ministero della Guerra francese nel maggio 1940. 

Riguardava la formazione di un gruppo di infermiere, mobili e operative nei punti pericolosi, per portare un primo soccorso ai caduti e feriti nella piena battaglia. Inizialmente un gruppetto di 10 unità avente conoscenze elementari da infermiera (fasciatura, lacci emostatici, iniezioni, uniche necessità applicabili in battaglia) ma con qualità morali indispensabili. Simone pensava che chi si offriva volontariamente ne sarebbe stata in possesso, poiché l’orrore della guerra era già un forte deterrente.

Sembrava a prima vista un progetto impraticabile perché nuovo, mentre era fattibile e facile da realizzare. Se falliva non avrebbe avuto inconvenienti; se avesse avuto successo i vantaggi erano al contrario considerevoli.

Qualora il progetto pilota avesse avuto successo si poteva in seguito strutturare secondo le necessità, ma sempre in piccoli gruppi, a causa della natura stessa del compito. Bisognava temere solo due aspetti: il venir meno del coraggio delle donne sotto il fuoco; un effetto negativo sui costumi tra i soldati. Ma lei pensava che un soldato non avrebbe mai mancato di rispetto a una donna risoluta nella sua decisione, e l’unica precauzione sarebbe stata lasciarle a contatto dei soldati solo in battaglia. 

Era necessaria una grande quantità di coraggio. Queste donne avrebbero messo a rischio la loro vita, trovandosi nei punti difficili senza il sostegno dello spirito di offesa (come per i soldati) e si sarebbero piegate su feriti e morenti.

Il progetto pilota avrebbe avuto inizio su scala ridotta e senza pubblicità, dunque senza inconvenienti, non mettendo nel conto le perdite che avrebbero potuto verificarsi; convinta che non c'era ragione alcuna per considerare la vita di una donna più preziosa della vita di un uomo, avrebbe però scartato madri, spose le giovani sotto una certa età per ovvie ragioni.

La resistenza fisica non era così importante: non avrebbero dato prova di resistenza continua, come i soldati.

Il carattere motorizzato della guerra avrebbe dovuto prevedere su ogni camion un posto per le infermiere. Significava un fucile in meno ma la presenza di questa donna avrebbe avuto efficacia materiale e morale, e faceva passare in secondo piano l’arma in meno. Anche se fossero state nel tempo solo qualche decina, e se vi fossero state perdite tra loro, i vantaggi sarebbero stati considerevoli: il primo, avrebbero salvato la vita di molti soldati prestando cure sommarie ma immediate; inoltre avrebbero offerto conforto morale inestimabile; avrebbero consolato gli agonizzanti raccogliendo le ultime parole per le loro famiglie; con la loro presenza e le loro parole avrebbero diminuito le sofferenze del tempo di attesa tra il ferimento e l’arrivo dei barellieri.

Simone teneva molto a questo progetto, avrebbe partecipato in prima persona.

Già quelli erano buoni motivi, ma pensava più di tutto ai fattori morali, importantissimi nella guerra: Hitler era stato il primo a capirlo e perciò a suo parere aveva avuto successo. Egli non perse mai di vista la necessità di colpire l’immaginazione di tutti: dei suoi, per imprimere senza sosta un impulso ad andare avanti; dei nemici, per suscitare la maggior confusione; degli spettatori, per sorprendere e fare impressione.

Ad esempio ci riuscì con la formazione delle sue Forze speciali - le SA e le SS - uomini scelti per compiti speciali pronti anche a morire, animati da uno spirito diverso rispetto alla massa dell’esercito, un’ispirazione che somigliava al fanatismo di una fede, un surrogato della religione: ecco il perché della sua forza. Erano divenuti uomini indifferenti alla loro morte, alla morte del resto dell’umanità, e la loro fonte di eroismo era una estrema brutalità che rispondeva benissimo allo spirito del loro capo.

Lei diceva: "Noi lottiamo con spirito diverso e altri motivi" ma altrettanto aveva bisogno di colpire l’immaginazione con qualcosa di psicologico nuovo, ed equivalente. Riteneva questa capacità di espressione già per sé stessa un segno di vitalità morale e avrebbe sostenuto le speranze dei popoli che ci contavano, diminuendo al contempo quelle fanatiche dei nemici. Difficilmente si poteva mettere in dubbio l’utilità di formazioni speciali i cui membri avevano accettato il sacrificio estremo: la loro stessa esistenza era per l’esercito uno stimolo potente e fonte d’ispirazione.

Simone Weil riteneva la propaganda un fattore essenziale che non andava trascurato, anche la propaganda al fronte, che si faceva con metodi diversi; in patria a parole, al fronte con gli atti. Queste formazioni speciali di donne animate da spirito di sacrificio costituivano una propaganda in atto.

Simili formazioni procedono infatti da una ispirazione religiosa (come è stato per Giovanna D’Arco e Oliver Cromwell). I nemici sono spinti da idolatria, surrogato di fede religiosa; chi lotta per il bene ha un’ispirazione analoga ma (in più) essa é autentica e pura. Un’ispirazione agisce esprimendosi coi fatti.

Le SS erano ispirazione hitleriana: possedevano l’eroismo della brutalità, spinto al limite del coraggio. Non si potevano superare in coraggio così come essi lo intendevano, in quantità, ma si poteva farlo mostrando una qualità diversa di coraggio, più difficile e rara. Il coraggio SS era di specie bassa e brutale, procedeva dalla volontà di potenza; la formazione di donne in prima linea procedeva da un’ispirazione verso il compito umanitario, al centro della battaglia, nel punto culminante della ferocia che il nemico sceglieva e imponeva. La sfida colpiva perché donne animate da senso materno. Poche ma un simbolo, e l’efficacia morale di un simbolo è indipendente dalla quantità. Un tipo di coraggio non animato dalla volontà di uccidere ma al contrario dal lenire ferite ed agonia.

Giorno dopo giorno questo tipo di coraggio sarebbe stato uno spettacolo così nuovo, chiaro, e carico di significato da colpire ogni immaginazione tanto più forte di quanto ha fatto Hitler. Queste donne disarmate avrebbero fatto impressione sui soldati nemici, sul pubblico in generale, sia dei paesi che prendevano parte alla guerra ma anche di quelli che assistevano. La sua portata simbolica sarebbe stata chiara a tutti: le due direzioni, tra le quali l’umanità doveva scegliere.

I nemici erano infatti addestrati da anni alla morte e alla distruzione, avevano respirato violenza e conquista, la guerra era per loro una continuazione; premeditando l’attacco il paese aggressore parte sempre con un vantaggio psicologico.

I soldati che rispondono sono invece strappati alla loro vita, trasportati in un’atmosfera che è quella dei nemici. Per difendere le loro case devono lasciarle, vivere in luoghi che non hanno nulla che le ricordi: non hanno movente per il combattimento, a differenza dell’aggressore. Solo se si è in patria, in difesa della propria terra e ridotti alla disperazione si può avere uno slancio simile al nemico. Non era pertanto possibile trasformare i soldati nei bruti hitleriani, ma si poteva agire sullo slancio, e questo corpo femminile costituiva l’evocazione concreta ed esaltante delle case lontane.

Certo, le donne andavano scelte con cura. Serviva equilibrio, risolutezza fredda e virile, ma al contempo una tenerezza che esigeva il conforto della sofferenza e dell’agonia. Caratteristiche rare ma pensava non fossero introvabili, e questo le sembrava l’utilizzo più efficace di una simile formazione di donne.

Portò avanti questo progetto sino alla fine della sua vita, presso ogni persona di una certa importanza che conosceva. De Gaulle non ne capì l'importanza.

Personalmente credo avesse ragione. Opporre il sacrificio dell'uomo per l'uomo all'orrore dell'uccidere sul campo di battaglia avrebbe avuto un forte impatto  sull'immaginario, avrebbe riportato alla coscienza mostrando l'irrealtà della guerra, e forse molte vite avrebbero preso una strada diversa.

V.

 


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