«Ero in coma ma gridavo che ero viva. Ora, da biologa, dico no alla deriva eutanasica»
Avere vent’anni, essere in coma e voler vivere. Questo è quanto capitato a Sara Virgilio, quando nel 1994 diventò una “vittima della strada”, a Salerno, venendo letteralmente falciata sulle strisce pedonali, da un pirata della strada. Un impatto violento, in seguito al quale entrò in coma. Trasportata in eliambulanza da Salerno al Policlinico Gemelli di Roma, il caso clinico fu trattato secondo protocollo. Un’esperienza, la sua, che l’ha portata ad opporsi, con decisione, al testamento biologico e alla cultura dello scarto, rappresentata oggi anche dal ddl Bazoli. Oggi Sara è perfettamente guarita ed è anche una persona realizzata grazie al suo lavoro di biologa.
Sara, tu hai detto più volte che la condizione di coma è difficile da spiegare, però questo ti ha spinto a dire no al testamento biologico.
«Quando una persona è in coma, esternamente non si muove, è ferma, ma in realtà ha la percezione di quello che le accade intorno. Nel mio caso ho dei frammenti di ricordi che potrei definire momenti di lucidità: ricordo quando mia madre mi diceva che erano arrivati i miei amici a farmi visita. Inoltre la mia sensazione era quella di voler dire all’esterno: “Io ci sono”, ma non potevo. Il paziente non è nelle condizioni di esprimere le sue volontà, per questo sono assolutamente contraria al testamento biologico».
"I primi a richiedere questa regolamentazione siamo proprio noi, cioé quella parte sana e preparata della naturopatia che ha necessità di essere regolamentata.
La Naturopatia la possiamo configurare all'interno dell' alveo di una Educazione alla salute che aiuti alla prevenzione. Il Naturopata per definizione, così come le discipline complementari che sono ben delineate dall'OMS, hanno un'epistemologia propria e una loro semantica propria.
Probabilmente andrebbe ridisegnata un'area della salute specifica per queste discipline, come accade in Portogallo, in Germania o in altri paesi europei, dove c'é una definizione specifica di quest'area della salute, con terminologie e semantica propria, che nulla a che fare hanno con il sanitario ma interagiscono in maniera sinergica con il sistema sanitario. Al naturopata non interessa né fare diagnosi, né fare cura, né fare terapia. Diciamo che il Naturopata lavora un passo precedente, a monte di tutto questo proprio per coadiuvare, per non arrivare possibilmente alla patologia.
Quello che noi chiediamo é, anche in virtù del diritto individuale alla scelta del metodo terapeutico da parte del cittadino, un riconoscimento prorpio per garantire la sicurezza e la qualità al cittadino, di questa disciplina che ormai viene richiesta da gran parte della popolazione.
Noi chiediamo questo riconoscimento in modo che si determini un'area specifica della Naturopatia quale disciplina complementare praticata da non medici, che si riconoscono nelle definizioni e nelle competenze che sono state loro assegnate dai documenti strategici dell'oms, l'ultima versione é quella 2004-2022."
Adele Lamonica - Presidente Inat
"Il concetto di salute ha subito un'evoluzione: in questo momento sentiamo fortemente il bisogno di stabilire un'area dove Salute non corrisponda prettamente a Sanitario. C'é bisogno di un'area altra, di un'altra cosa perché le discipline cojmplementari, le CAM, o come vogliamo chiamarle, sono altro"
Vera Paola Termali - Vice Presidente Inat e Presidente Associazione BFRP www.bachitalia.it
Son tanti anni che Eros e Gianmatteo ci fanno felici con il cinema d'autore in zona e oramai siamo diventati una piccola comunità, eterogenea ma affiatata, aperta, sensibile. Eros é il nostro anfitrione. Apre gli spettacoli parlandoci del film che di li a breve verrà proiettato, raccontandoci pezzetti di trama, recensioni, particolarità sul regista, l'attore, l'argomento, o che tipo di accoglienza ha avuto dalla critica. Sa tutto.
Nelle schede dettaglio che redige e lascia a nostra disposizione, traspare il suo amore per il cinema, e ogni anno non é lui a scegliere ma noi, e ci coinvolge nella programmazione lasciandoci democraticamente la scelta, proponendo molti titoli sui quali saremo noi a mettere un segno di spunta. A partire dalle nostre scelte si forma così una graduatoria e di li l'elenco finale dei film in visione. Tutto on-line, sul sito del Cineclub.
Nell'intervista potete sentire quanto é gentile e competente. Noi gli vogliamo bene, a lui e a Gianmatteo, che scrive, e scrive, e scrive ... Grazie ragazzi! A démain soir.
Oggi facciamo due chiacchiere con il pasticcere classico più giovane e (secondo me) più bravo del paese: Tiziano, 44 anni, titolare della Pasticceria Di Fulvio di Lavinio. Perché proprio con lui, direte voi, con tutte le pasticcerie che ci sono nei dintorni!
Il motivo è presto detto: fa il suo lavoro con passione e coscienza, e mettiamoci anche che é una bella persona … cosa dovremmo desiderare di più? Magari un dolcetto completamente vegan per l'intervistatrice?! Chissà: magari un giorno ci proverà.
Dario è un ragazzo di 16 anni, occhi e capelli scurissimi, sempre più alto e con un fisico atletico. Studia al Liceo Scientifico Giovanni Vailati di Genzano, dove abita con i genitori, papà Alberto metalmeccanico e pompiere, mamma Lucinda che lavora in un ristorante tipico a Nemi e sua sorella Vanessa, a cui è molto affezionato. Sin da quando era bambino ha una grande passione: la danza.
Allora Dario, ho l’onore di avere la tua prima intervista pubblica! Grazie per aver accettato.
Prego, non c’è di che.
Parliamo subito degli inizi: come e quando è nata questa tua passione per la danza?
E’ nata osservando le esibizioni di danze popolari del gruppo Folk “U Rembombu” di Nemi, il paese d’origine di mio padre. Avevo circa sei anni e un giorno andai a vedere le prove di danza delle mie cugine. Ero molto attratto dai movimenti e così mi sono iscritto anch’io. Una mia cugina però frequentava anche la scuola di danza classica, un giorno aveva il corso, l’ho seguita, e sono rimasto in sala ad osservare: anche quella danza mi piaceva! Ci sono andato più volte in seguito, e portando con me le scarpette di danza del ballo popolare, speravo che un giorno mi avrebbero notato e mi avrebbero fatto ballare. Questo è un episodio del giugno del 2008: a settembre dello stesso anno mi iscrissi alla scuola di danza classica.
Laura, 26 anni, di Martinsicuro (TE) è un’aspirante sceneggiatrice.
Ha una Laurea in Arti visive dello spettacolo. Il cortometraggio da lei scritto – Maria Cristina – per un soffio non ha fatto parte della rosa dei vincitori esordienti al Milano Film Festival, ed è stato comunque proiettato perché meritevole, nonostante l’esclusione.
E’ alla sua prima esperienza di lavoro nel campo del lungometraggio e come costumista, a ottobre, ha fatto parte di una troupe di professionisti. Ho trovato il suo racconto interessante, per questo lo propongo a voi.
Ciao Laura, grazie per aver accettato questa intervista.
Ciao, grazie a te.
Prima di tutto una domanda di rito: perché vuoi fare questo lavoro?
Perché ho sempre amato tutto della lavorazione di un film. Dalla regia, al montaggio, dalla scenografia alla scrittura che è poi il punto di partenza assoluto. Semplicemente mi piace scrivere e la sceneggiatura è una forma di scrittura che mi permette di farlo e che mi consente poi di vederla crescere, mano mano davanti ai miei occhi.
Mamma, lo sai che fanno una trasmissione televisiva sui vegetariani? Mmm, bello … Si chiama né carne né pesce. Fanno la pubblicità su sky. L’hanno chiamata così perché ci sono persone che dicono di essere vegetariane e poi mangiano il pesce. Hanno fatto bene, è un bel titolo! (sottovalutando l’avvenimento)
Giorni dopo porto la tata dalla nonna, ha la tv accesa su sky:
Mamma! Guarda! La pubblicità che ti dicevo! Ma!! Ma quello mi sembra Paolo … ma quello è PAOLO!! Paolo chi? Paolo, di Nettuno, l’hai visto qualche volta, é lo zio di Elettra. Ahhhhh …
Francesca è una ragazza di quasi 40 anni, Palermitana, e vive a Roma da circa quindici anni.
Ha studiato filosofia, ha lavorato per vent’anni nel settore del marketing e della pubblicità. Da circa due anni è diventata mamma e poiché la sua vità è piacevolmente cambiata - in meglio, dice - ha lasciato il lavoro per dedicarsi interamente alla crescita di suo figlio Alberto.
E’ in possesso di un diploma di Educatrice all’Infanzia dell'Opera Nazionale Montessori, un valido aiuto nella crescita educativa di suo figlio, e in questi due anni di "mestiere mamma/casalinga faticosissimo" ha trovato il tempo di realizzare un blog che si occupa di Libri, in realtà una Rassegna di Libri consigliati da grandi settimanali, mensili e quotidiani.
Massimo ha 46 anni anni, vive a Campoverde (Lt) ed è infermiere. A giugno dello scorso anno ha intrapreso un viaggio, un’esperienza affascinante che spero un giorno di poter fare anch’io: il Cammino di Santiago.
Lo incontro una sera, in negozio, grazie al mio meraviglioso “contatto” Federica (una sua cara amica). Perché lui di fondo è un po’ timido e se non ci fosse stata lei a far da tramite, dubito che sarei riuscita ad avere questa bella storia da raccontare ...
Allora Massimo, raccontami del tuo viaggio. Ho conosciuto il Cammino per caso, frequentando i siti che se ne occupano.
E cosa ti aveva colpito? Una cosa in particolare non c’è . E’ stata forse la novità, sentire che centinaia di persone l’avevano fatto, la voglia di partire e fare un viaggio particolare: in seguito io l’ho definito “il viaggio nel cammino” perché c’è un viaggio continuo ...
Cosa si scopre in questo viaggio?
Niente di particolare ma il bello è che ogni mattina ti alzi come se la giornata fosse identica a tutte le altre, e invece il semplice incontro e sguardo con un’altra persona fa si che quella giornata diventi irripetibile, diversa da quelle passate e a venire. Noi eravamo in due, il mio amico ed io … e bastava poco, davvero poco. E’ un’emozione che non sei in grado di descrivere, o forse sono io che non riesco, credo bisogni necessariamente viverla in prima persona.
“L'attenzione è la forma più rara e più pura della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono."
Simone Weil, Corrispondenza, pag. 13
«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.
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«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.
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