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di Valeria Ballarati

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Home Racconti e Poesie Il più bel racconto dell'estate (per me)

Il più bel racconto dell'estate (per me)

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Eravamo un bel gruppo

Eravamo un bel gruppo, amalgamati da interessi condivisi, si andava qualche volta in montagna e, per allenarsi alla montagna, una volta alla settimana si andava a Busto a piedi, per allenamento. D'inverno per prepararsi a quando veniva primavera si faceva la strada dei boschi, al buio, uno seguiva l'altro vicino vicino, con gli scarponi per la montagna da ammorbidire, e durante la strada si cantavano le canzoni del Rifugio e quelle nuove che venivano dall'America, di Joan Baez dagli arpeggi nuovi e sconvolgenti.

Eravamo un bel gruppo, ragazzi e ragazze molto amici.
Una volta eravamo andati a un raduno organizzato da “MatoGrosso" a Firenze, una sfilata interminabile e infinita con un Cardinale (vestito di rosso) Americano, un Abbé Francese fondatore di un villaggio molto “in” e molti Preti vestiti in modo normale, e di tutto non capendo niente, perché eravamo lontani. La Giuditta era dal mattino che gli scappava la pipi e non c'era un posto dove farla; quando finalmente il corteo ci ha liberati e abbiamo trovato un bar non riusciva più a farla, e noi a dirle che doveva farla se no poteva finire all'ospedale, e allora noi a farla bere, e dal gran bere gli venne un singhiozzo che non si fermava più, e per fortuna che a Virginio venne in mente che suo nonno, diceva che per far passare il singhiozzo bisognava starnutire;   c'era un carrettino che vendeva i panini e che aveva il pepe: la facemmo starnutire e il singhiozzo passò.

Eravamo un bel gruppo. Si parlava di tutto, di cose di cui non ricordo una parola perchè non c'è niente da ricordare, solo che si stava bene in compagnia, era bello.

Una domenica mattina andammo in un' ”Opera Pia” di Biella.

Ci andammo per 5 domeniche di fila, dalle sei del mattino alle sei di sera, fino alla fine di Aprile, quando cominciammo la nostra attività “alpinistica”: Valsesia, Monte Bianco, Gran Paradiso, i camini della Gnifetti. Andavamo per dare un giorno di riposo alle Suore del Cottolengo. Il primo giorno ci divisero per coppie e fu sempre così, capitai con Virginio e fu coppia fissa ogni domenica.

Ci assegnarono uno stanzone con quaranta letti, e per fortuna c'era il Mario che ci diceva cosa fare e come fare.

Alle sei del mattino erano ancora quasi tutti a letto: li facevamo alzare, la maggioranza era capace di vestirsi da sola, alcuni no; Mario ci indicava dove erano i vestiti, tre o quattro bisognava lavarli perchè avevano fatto tutto nel letto, il letto si prendeva tutto in una brancata* e si metteva in un apposito contenitore; si portavano tutti in mensa a fare colazione con delle tazzine di caffelatte arrivate pronte dalla cucina, poi in bagno con una fila lunghissima di water, gli si faceva lavare i denti e alcuni non riuscivano e allora era un'operazione che dovevamo fare noi; a uno, sempre quello, non si riusciva ad aprirgli la bocca ed allora ci pensava il Mario. Poi in due turni, perchè i water erano 20, facevano la cacca: i primi waters avevano un cuscino di pelle sul muro all'altezza della testa ed erano per quelli che oscillavano la testa avanti indietro avanti indietro continuamente. A quasi tutti bisognava pulire il culo.

Intanto era mezzogiorno e si tornava in mensa per il pranzo; molti dovevano essere imboccati, e per quelli che oscillavano la testa avanti indietro avanti indietro non era facile, poi in bagno a lavare i denti e poi nel parco curando che non si facessero male, con il Mario che ci dirigeva tutti. Il tempo di fumare ed era ora di cena.

La giornata finì, operazioni lunghissime, e faticose, e sgradevoli, misero assieme una giornata che passò in un attimo. Ci trovammo tutti vicini al cancello di uscita, ognuno con la sua esperienza. Il Mario ci aveva accompagnato con il suo comportamento solenne e tanto caro, almeno per noi che ci aveva aiutato tutto il giorno. Se non c'era lui dopo mezz'ora scappavamo via.
"Ciao Mario" gli dissi prima di uscire, ci vediamo domenica. "Ci conto" rispose; "senti"  mi disse sottovoce "puoi farmi un favore? Portami una scatola di matite. Colorate."
"Matite? Senz'altro, ce le hai bisogno te ... o sono per qualcuno?"
"No, no sono per me. Devo disegnare."

La domenica dopo andammo ancora a Biella, sempre alle sei, per far respirare le Suore, e portai una scatola di pastelli colorati per il Mario, i migliori che trovai. La giornata fu eguale alla prima e come le altre che seguirono, sempre con il Mario che ci faceva vedere come fare, e per fortuna che c'era lui! Di diverso ci fu un mingherlino in carrozzina che passandogli vicino mi prese il braccio con una mano e non riuscivo a staccarmelo. Con una mano! Mingherlino! Io aitante e con la fama di duro ero imprigionato da uno che pesava si e no sessanta kg.
Mi liberò il Mario che con facilità staccò la mano del piccoletto.

Come al solito venne sera in un attimo. Quando ci accompagnò al cancello il Mario mi chiese un'altra cosa: una gomma per cancellare. "Stupido a non averci pensato" dissi "poi me li fai vedere i disegni d'accordo? Una volta anche a me piaceva disegnare."
Al Mario brillarono gli occhi: "ne faccio uno proprio per te" mi disse.

Mentre tornavo mi sentivo appagato, scaldato dall'amicizia con il Mario e dalla promessa del disegno per me.
La domenica dopo aspettai con impazienza la fine dalla giornata, il Mario sempre serio nei suoi compiti e nei rapporti con noi, dirigeva come al solito la nostra attività con la solita diligenza.
E venne sera. Al cancello, durante i saluti il Mario mi consegnò i suoi disegni, erano due, due fogli di risma, quando li aprii il Mario era sparito: due pagine di scarabocchi senza senso che neanche un bambino dell'asilo. Magari erano dei capolavori ... prendi Pollock ... dovevo parlare con lui, farmi spiegare il senso ...

La domenica dopo Mario non c'era: non sentimmo troppo la sua mancanza, oramai s'era fatta la mano, ma io che volevo parlare della sua “pittura” ne sentivo la mancanza.

Alla sera quando salutammo le Suore chiesi del Mario e la Suora mi disse che era malato "E' rimasto a casa?" chiesi. "La sua casa è qua" mi rispose. "Ma non l'ho visto" le dissi. "Quando Mario è malato non può stare fra la gente, viene rinchiuso". "Ma cosa mi dice sorella, sta parlando di Mario quello che ci ha fatto vedere come si fa?" "Sto parlando del Mario si, il più malato di tutti".

I due disegni li ho portati a casa ma adesso non li trovo più; ogni tanto li cerco e mi illudo di trovarli e continuo a passare e ripassare tra le mie carte.

Fonte

Commento: avete visto il film di Ascanio Celestini "La pecora nera" ?

*una brancàa, dialettale, ad indicare un fagotto preso tutto in una volta.

 

Romanzo

La storia dell'uomo e
della scoperta
dei Fiori di Bach.

Booktrailer

Il Romanzo è alla 3° edizione. 


Parole per pensare

“L'attenzione è la forma più rara e più pura della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono."

Simone Weil, Corrispondenza, pag. 13

«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.

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«Quanto siamo stanche io e te. Dovremmo riposarci un po’» dice Donatella a Beatrice mentre il Valium fa effetto sul lungomare di Viareggio all’imbrunire, è un dialogo che ti rimane dentro, come tutta La pazza gioia.

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Fiori di Bach e Cartoni 22 Semola

 

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