
Ma davvero siamo così vulnerabili che di fronte a ogni incertezza della nostra vita abbiamo bisogno di un' assistenza psicologica?
Non è che si va diffondendo anche da noi, come è già diffusa in America, un'etica terapeutica per cui basta che un bambino sia un po' vivace e turbolento che subito viene etichettato come affetto da un "disturbo da deficit di attenzione con iperattività"? Che dire poi degli studenti, che si apprestano a fare l'esame di maturità, che si definiscono "stressati" per aver studiato durante l' anno con una media di un' ora al giorno, e intorno ai quali si affollano i consigli degli psicologi, quando non addirittura quelli dei dietologi e dei medici? Che significa mettere in guardia le donne in procinto di partorire dalla "depressione post partum" iscrivendo preventivamente quel fenomeno naturale che è la generazione di un figlio in uno scenario al confine con la patologia? Davvero i cassaintegrati e i licenzianti hanno bisogno di un' assistenza psicologica per evitare drammi familiari, e non invece di un nuovo posto di lavoro?
Che cosa significa questo continuo ricorso al termine "sindrome" da "ansia generalizzata" per dire che uno è preoccupato, da "ansia sociale" per dire che uno è timido, da "fobia sociale" per dire che uno è molto riservato, da "libera ansia fluttuante" per chi non sa di che cosa si preoccupa?
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