“Dopo una settimana arriva una e-mail della mia agente il cui succo era pressappoco: è la cosa più bella che hai scritto, bravo. Incredibile, quella sorta di Bridget Jones degli scrittori vanesi (di questo si trattava) era la cosa più bella che avessi mai scritto? Ridicolo, era una emerita cazzata, una boiata infame, una cosa scritta per rilassare la mente dal libro che avevo in mente di scrivere e del quale stavo organizzando scalette e ricerche da fare e persone da interpellare e organizzazioni gerarchiche dei personaggi. Dopo due settimane la mia agente ha firmato un contratto editoriale per quel libro con il più importante editore italiano, con un anticipo di diecimila euro e una tiratura di diecimila copie.”
Naturalmente non finisce qui, lo scrittore che ha dato in pasto al suo agente il libro mediocre arriverà a vendere milioni di copie, a essere tradotto in tutte le lingue del mondo (anche in quelle morte), a essere invitato a fiere e festival planetari, ad andare a letto con dee e ninfette, a comprarsi case, ad accumulare soldi. Un miliardario, grazie al proprio non-talento. È la storia narrata ne “Il caso editoriale dell’anno“ di Anonimo (si tratta dello scrittore albese Roberto Saporito), pubblicata da Edizioni Anordest.